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L’invidia: da Dante a Totò, uno sguardo psicoterapeutico su un’emozione negata

«Invidia, che è il livore degli animi che si rattristano del bene altrui» scriveva Dante Alighieri nel
XVII canto del Purgatorio. Essa è, secondo il Sommo Poeta, un veleno che si insinua
nell’animo umano e ne corrompe la visione del mondo, fino al punto di accecare, letteralmente: nel
Purgatorio, gli invidiosi espiano la loro colpa camminando con le palpebre cucite da filo di ferro.


Se Dante la pone tra i peccati capitali più corrosivi per l’anima, Totò, secoli dopo, la racconta con la
sua proverbiale ironia: «L’invidia è una brutta bestia. Ma che ci posso fare se la bestia siete voi?».


Due visioni diverse, eppure profondamente connesse: l’invidia come sofferenza interiore, come
sentimento negato e proiettato, spesso, su chi ci è più vicino. In questo articolo esploreremo il
significato psicologico dell’invidia, i suoi meccanismi e le sue radici profonde, offrendo uno
sguardo utile sia per chi la subisce che per chi la prova.

L’invidia: un’emozione umana e universale

L’invidia è un’emozione sociale complessa che nasce dal confronto. Non si prova verso chiunque,
ma verso chi percepiamo simile a noi, ma in qualche modo “migliore”: più bello, più sicuro, più
amato, più visibile.
A differenza della gelosia (che riguarda la paura di perdere qualcosa che abbiamo), essa nasce
dalla sensazione di non avere qualcosa che desideriamo, e che vediamo realizzato nell’altro.
Può riguardare beni materiali, ma ancor più spesso tocca dimensioni simboliche: un modo di essere,
una serenità, una relazione, un talento, una posizione sociale.

invidia

Invidia: buona e distruttiva

Non tutta l’invidia è uguale. Alcuni autori (Van de Ven et al., 2009) parlano di invidia benigna,
quella che ci spinge a migliorare, a prendere l’altro come ispirazione, come modello. In questi casi viene riconosciuta e integrata, può diventare leva di trasformazione.
Diversa è l’invidia maligna, che porta con sé desiderio di danneggiare l’altro, boicottarlo, svalutarlo.
In questi casi, si tratta

L’invidia in psicoterapia

Lavorare sull’invidia in psicoterapia significa esplorare il confronto, il valore personale, il senso di
“mancanza”. Non si tratta di eliminarla, ma di comprenderla e accoglierla come messaggera: di ciò
che desideriamo, di ciò che ci fa male, di chi vorremmo diventare.
Accogliere questa emozione senza giudicarla permette di farle perdere potere. Quando smettiamo di
vergognarci di provarla, possiamo ascoltare il suo messaggio e rispondere in modo nuovo:
trasformandola in motivazione, o lasciandola andare.

Conclusione

Come tutte le emozioni, anche l’invidia ha un senso, se sappiamo guardarla con occhi nuovi. Non è
una colpa, ma un segnale. Un invito a tornare a noi stessi. Ad avere compassione per i nostri limiti,
ad accettarli. A migliorarci.

Bibliografia

– Benasayag, M. (2008). L’epoca delle passioni tristi. Feltrinelli.
– Corbella, S. (2021). La psicologia dei sentimenti. Cortina.
– Biondi, M. (2017). Emozioni: istruzioni per l’uso. Giunti.
– Smith, R.H. (2007). Invidia e confronto sociale. in “Psicologia Contemporanea”.
– Van de Ven, N., Zeelenberg, M., Pieters, R. (2009). “Leveling up and down: The experiences
of benign and malicious envy”, Emotion, 9(3), 419–429.

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