
TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: COS’È L’ANSIA?
Si sente spesso parlare di ansia. “Ho l’ansia” è una frase usata con una tale frequenza, tanto da diventare “normale”, intima, confidenziale quasi un’amica, ma di quelle scomode ed invadenti che non sanno tacere e non capiscono mai quando è il momento di andarsene.
Se ne parla tanto, ma cos’è l’ansia?
L’ansia è un sentimento di adattamento ad una minaccia: di fronte ad un pericolo o ad una sensazione di essere in pericolo, “la paura chiama alle armi tutto l’equipaggio” (L.S.Benjamin 2019). La paura nasce da un chiaro ed evidente rischio perciò si può gestire, controllandola, sovrastandola, oppure allontanandosi, il suo esistere si limita a quell’evento specifico che l’ha determinata. L’ansia, invece, nasce da un senso generalizzato di indefinito ed imprevedibile pericolo, non identificato, non tangibile, che rende difficoltoso governarla ed impossibile il suo concludersi.
I sintomi del Disturbo d’Ansia Generalizzato
I sintomi sono caratterizzati da una costante preoccupazione, anche per situazioni di poco conto. Il pensiero ruminantecostringe a rimuginare continuamente sulle situazioni e non consente il rilassamento: il pensiero è fisso sull’attesa e l’anticipazione timorosa ed allarmista, pessimistica e negativa su come andranno le cose.
Irritabilità, irascibilità, impazienza, irrequietezza e distrazione accompagnano scomodamente la persona incastrata nel Disturbo d’Ansia Generalizzato.
L’ansia costante produce delle modificazioni fisiologiche visibili e chiaramente percepibili da chi le sperimenta, come ad esempio: tachicardia, sudorazione, sensazione di avere un nodo in gola, secchezza nelle fauci, una dolorosa tensione muscolo scheletrica diffusa, cefalee, nausea, tic, insonnia, stanchezza.
Anche i bambini possono soffrire del Disturbo di Ansia Generalizzato.
Sono bambini troppo preoccupati delle proprie prestazioni, delle interrogazioni, non si sentono mai abbastanza preparati, ma possono preoccuparsi anche di argomenti diversi da quelli scolastici e tendere ad affrontare le sfide della vita con ansia ed angoscia costanti ed invadenti.
Il disturbo D’Ansia Generalizzata è prevalentemente cronico e comprende sentimenti come depressione e rabbia. Uno dei rischi di questo disturbo è che la persona, invece di rivolgersi allo psicologo ed allo psichiatra, può tentare una “autocura” attraverso sostanze come alcool o stimolanti, o altre sostanze, con il rischio di cadere in una dipendenza e peggiorare la propria situazione, coinvolgendo i propri cari.
Il trattamento del Disturbo d’Ansia Generalizzato
L’Ansia è un sentimento, che accompagna la sensazione di una minaccia spesso ereditata: se i genitori hanno trasmesso ai propri figli delle lezioni disadattive rispetto a quando sentirsi al sicuro oppure minacciati, questo affetto, o modo di sentire, diventerà il sintomo di un disturbo perché non è funzionale, ma disfunzionale. Lo stress legato alla relazione di attaccamento influenza le future manifestazioni di ansia nell’adulto.
Il senso di minaccia è di per sé uno stress, e quando si attiva il sistema minaccia in modo inappropriato, a causa di una forma errata di percepire gli eventi, l’ansia è generalizzata e patologica: una colonna sonora interna incessante e scomoda.
La persona che soffre di ansia generalizzata, adopera inconsciamente ed automaticamente, “regolatori dell’affettività”, ossia regole, modalità e convinzioni familiari che ancora utilizza, perché apprese in famiglia. In questi casi è necessario affrontare un percorso psicologico (spesso con sostegno psicofarmacologico), che lavora sulla modificazione della percezione appresa dalle figure di attaccamento.
2 settembre 2020
Dott.ssa Paola Fraschetti e Dott.ssa Paola Petrelli
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LA RABBIA È SEMPRE NEGATIVA? SFATIAMO UN LUOGO COMUNE
Fin da quando siamo piccoli ci insegnano che non è bene arrabbiarsi perché dobbiamo essere gradevoli, amabili, pazienti e “buoni”. È un luogo comune assimilare la rabbia alla cattiveria, purtroppo, è per questo che impariamo presto a soffocarla per conservare un’immagine accettabile agli occhi degli altri.
Soffochiamo la rabbia finché cominciamo a non riconoscerla più e la accumuliamo dentro di noi e allora questa emozione emerge sotto forma di aggressività o, completamente inibita, ci sentiamo frustrati e senza energie.
RABBIA VERSUS AGGRESSIVITA’
La confusione generale è proprio data dalla sovrapposizione della rabbia con l’aggressività, la quale, in realtà, rappresenta solo una delle modalità, la meno sana, per far fuoriuscire in maniera violenta questa emozione che, essendo repressa e non valorizzata nella sua funzione, si deposita internamente diventando un terreno che scotta, una sorta di campo minato che fa paura perfino a noi stessi.
Ma se non ci hanno insegnato a comprendere ed esprimere la rabbia correttamente, come si può invertire la rotta per far sì che diventi una risorsa importante per la nostra vita? Il primo passo è assumere un atteggiamento di ascolto che non è solo interiore perché le emozioni si avvertono sul corpo.
E così possiamo scoprire che quando siamo arrabbiati il nostro corpo cambia modo di funzionare: il viso si arrossa, la pressione si alza, il cuore aumenta i battiti, sentiamo un calore nella testa e un gatto impazzito che ci graffia nel petto. Non vorremmo stare fermi, ma scattare in piedi e agire, correre anche se siamo barricati dietro la scrivania dell’ufficio o sorridenti di fronte ad un cliente o al proprio partner. In queste circostanze dissimulare può essere comodo e vantaggioso, a patto che riconosciamo di essere arrabbiati e riusciamo a comprendere verso cosa o chi è diretta la nostra rabbia.
LA RABBIA COME SEGNALE DI INGIUSTIZIA
Possiamo dire, in generale, che la rabbia s’innesca quando percepiamo un’ingiustizia, un tradimento e quel graffio interno che si avverte ci riporta al dolore di una lacerazione, di una ferita diretta all’amor proprio, a un sentimento, a una relazione significativa. Questo dolore che si avverte può portare a percorrere due strade: una conduce alla tristezza e all’amarezza per la ferita subita, ma è lastricata di una serie di sensazioni così spiacevoli che spesso si preferisce intraprendere l’altra strada, quella dove arrabbiarsi rappresenta un movimento verso una trasformazione e la rabbia, come sosteneva Gandhi, è la benzina che serve per spostarsi, alla ricerca di un benessere più elevato.
LA RABBIA COME FUNZIONE EVOLUTIVA
Ricordiamo che in senso evolutivo la rabbia è stata selezionata insieme a tutte le altre emozioni per garantire la sopravvivenza dell’uomo. Perciò ha una funzione indispensabile di prepararci all’azione. Ciò che rappresenta un disagio è la difficoltà nel sentire, riconoscere e gestire questa emozione, la quale, lontana dall’essere negativa, ci fornisce informazioni preziose nelle situazioni di vita quotidiana e ci rende attenti e pronti a difendere il nostro benessere quando percepiamo di non essere trattati con giustizia, rispetto e dignità.
IMPARARE A SENTIRE LA RABBIA SENZA AGIRLA
Per ciò che abbiamo detto, è importante darsi l’autorizzazione ad arrabbiarsi senza diventare violenti, comprendendo bene qual è il confine che dalla rabbia sfocia nell’aggressività. Una rabbia sana profuma di rispetto per sé stessi e per gli altri ed è sempre legittima.
Possiamo insegnare ai nostri bambini che essere arrabbiati non vuol dire essere cattivi, bensì significa collegare la mente con il cuore per reagire alle sopraffazioni, alle prevaricazioni senza trasformarsi in bulli. Si può ammettere di essere arrabbiati e comunicarlo in maniera assertiva per avere relazioni più autentiche e più sane.
LA VIOLENZA MAI!
Urlare, picchiare e terrorizzare gli altri è un’altra faccenda che si allontana dall’emozione originale per agganciare sentimenti tristemente distruttivi come l’odio. Non abbiamo bisogno dell’odio, ma della rabbia sì perché accende quel fuoco che ci mette in movimento verso soluzioni migliori per la nostra vita.
Con questo breve articolo ci auguriamo di aver offerto al lettore un ampio spunto di riflessione su di sé e sul suo rapporto con gli altri, sulla propria capacità di autorizzarsi a sentirsi arrabbiato, sulla propria capacità di saper usare l’emozione della rabbia in modo intelligente senza agirla, senza aggressività, senza violenza. Nel caso in cui non ci fossero queste capacità, noi suggeriamo di chiedere aiuto ad uno Psicologo regolarmente iscritto all’Albo.
A presto…con un altro articolo!
Dott.ssa Paola Fraschetti e Dott.ssa Paola Petrelli
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ANSIA, DEPRESSIONE E RABBIA.LE METAMORFOSI DOLENTI DELLE EMOZIONI
Ansia, depressione e rabbia, sono tre condizioni emotive scomode da gestire, che spesso intimoriscono chi ne fa esperienza. Eppure, queste forti emozioni, hanno sempre una funzione, non arrivano a caso come l’esito di un lancio di dadi.
Per questo è importante, per chi le vive spesso, e per chi ne è dominato, imparare a capire la loro funzione. Quando l’ansia, la depressione e la rabbia, sono vissuti in quantità “normali” ed in relazione ad eventi specifici, che hanno un inizio ed una fine, svolgono una funzione adattiva, ossia, utile per risolvere quella specifica situazione. Facciamo alcuni esempi: l’ansia che si prova a ridosso di un esame, la depressione che si prova alla morte di una persona cara, la rabbia che si prova quando il vicino di casa usa il trapano alle sette di mattina la domenica.
Per chi invece, l’ansia, la depressione e la rabbia, sono costanti ed incoerenti rispetto al contesto, vuol dire che è avvenuta la trasformazione in “sintomo”, ossia in “segnale”. In altre parole c’è qualcosa che sta avvenendo in una zona emotiva più profonda che è stata ignorata e da cui comincia la trasformazione in sintomo poiché nulla può essere strappato via e nascosto in termini psichici, senza che ciò si ripresenti in altra forma. Queste modalità, che da emozioni diventano comportamenti spesso sintomatici, sono stati appresi all’interno della propria famiglia durante la formazione del legame di attaccamento. Sono “insegnamenti” che, seppur disfunzionali, vengono recepiti come necessari per la sopravvivenza perché fanno parte del pacchetto di istruzioni per la vita che viene fornito da chi garantisce o dovrebbe, la protezione e le cure fisiche e affettive a lungo termine, necessarie per diventare adulti.
Così come il mal di denti è un dolore che segnala che c’è qualcosa di più profondo su cui il dentista dovrà indagare, i comportamenti sintomatici, come ansia, depressione e rabbia, indicano che c’è qualcosa di inesplorato, della quale la perso ne è ignara, pur appartenendo, questo contenuto, a sé stesso. I sintomi informano che sta avvenendo uno smisurato tentativo di adattamento e non che qualche cosa non sta lavorando bene o che si è spezzato.
In un percorso psicologico, si mettono in correlazione le storie familiari con il modo in cui la persona pensa, percepisce, interpreta sé stesso ed il mondo rimandando alla funzione che i sintomi svolgono. Non possiamo negare l’importanza che rivestono i genitori nello sviluppo del benessere del loro figlio; sono loro a trasmettere le “lezioni” per riconoscere il pericolo oppure la sicurezza. Ansia, depressione e rabbia sono i sentimenti che accompagnano la sensazione di una minaccia: se i genitori hanno trasmesso ai propri figli delle lezioni disadattive rispetto a quando sentirsi al sicuro oppure minacciati, questi tre affetti diventeranno un sintomo. La capacità di riconoscere un ambiente pericoloso da uno minaccioso, può sembrare banale, ma non lo è affatto: oggi non dobbiamo più temere bestie feroci o predatori, nella lontana epoca preistorica, dove hanno iniziato a formarsi i comportamenti d’attaccamento, ormai innati, i pericoli erano chiari, il clan e le figure d’attaccamento erano la salvezza, mentre fuori c’erano tanti pericoli. Attraverso i nostri articoli vi spiegheremo in che modo oggi l’apprendimento disfunzionale nelle relazioni d’attaccamento rende tante persone infelici.
25 maggio 2020
Dott.ssa Paola Fraschetti e Dott.ssa Paola Petrelli
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Le emozioni: esperienza soggettiva e valore sociale
“Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio.
La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce.”
– Platone –
Le emozioni sono una realtà misteriosa e complessa, che si espande in tre aree: le radici neurobiologiche, l’esperienza soggettiva, il valore sociale che definisce il senso di appartenenza ed i rapporti con gli altri.
Questi tre aspetti sono interconnessi e si influenzano a vicenda, rendendo le emozioni esperienze uniche e pervasive spesso difficili da descrivere.
Tentare di controllarle e gestirle può essere molto complicato, perché esse sfuggono spesso ai tentativi di regolazione: come l’acqua, possono essere calme e limpide, oppure scure e tumultuose e quando vengono arginate per molto tempo, come le acque putride di uno stagno, dopo qualche tempo, iniziano a far sentire il loro sgradevole odore, perché le emozioni non si fanno certo dimenticare!
C’è chi ne farebbe volentieri a meno, eppure le emozioni, hanno più di una funzione di fondamentale importanza per gli esseri umani ed anche per gli animali.
La biologia ci insegna che il compito della specie è rimanere vivi, per questo l’istinto primario è quello di mettersi in salvo, imparando prima possibile a distinguere tra minaccia e sicurezza. Le emozioni primarie svolgono la funzione della sopravvivenza, la più importante è la paura, perché segnala che sta accadendo qualcosa di pericoloso per la propria vita ed induce a mettersi in salvo. La parola “segnale” indica con esattezza la funzione delle emozioni: segnalare che nell’ambiente sta accadendo qualcosa che gli organi percettivi colgono attivando e mettendo in movimento l’organismo, ad organizzare la risposta adeguata allo stimolo ricevuto. A questo punto la domanda da porsi è: sono in grado di cogliere i segnali che arrivano dalle emozioni? Sono in grado di ascoltare e capire adeguatamente, senza esagerarli, senza minimizzarli oppure ignorarli, gli stimoli, a volte scomodi che provengono dal movimento emotivo?
Nel concetto di “emozione” vi sono una vasta gamma di manifestazioni, più veloci ed impulsive come un abbraccio o come la fuga, la rabbia di fronte ad un’offesa; più durature, che si chiamano sentimenti, come l’amore ed il rancore.
Nel loro intrecciarsi sui tre livelli citati precedentemente, le emozioni si basano sulla nostra esperienza dell’ambiente, entrano nella memoria collegandosi a profumi, sapori, luoghi, entrando nei pensieri attraverso il giudizio, la previsione di ciò che potrebbe accadere, sulla base di ciò che è già successo. A seconda degli eventi e dei vissuti emotivi, le emozioni possono protrarsi nel tempo più a lungo, fino a diventare uno “stile di vita” complicato o patologico, ad esempio nelle persone sempre spaventate, in difficoltà con la stima di sé e le relazioni, che si ritrovano ad avere nello stato di ansia pervasivo e cronico, oppure, quelle persone che in cuor loro si sentono sempre tristi, o che hanno subito traumi nei quali si sono sentite impotenti e sconfitte, fino a sfociare in uno stato di umore depresso pervasivo e cronico.
Nel prossimo articolo parleremo della funzione adattiva estrema dell’ansia, della rabbia e della depressione, del loro significato, il loro manifestarsi in maniera resiliente o disadattiva a seconda dello stile di attaccamento appreso nella famiglia d’origine.
20 Maggio 2020
Dott.ssa Paola Fraschetti e Dott.ssa Paola Petrelli
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MEDITAZIONE:PER COLTIVARE L’ARMONIA ED IL BUONUMORE.
La Meditazione è un’antica pratica che aiuta a sviluppare l’auto-osservazione. Una volta liberata da da implicazioni di natura religiosa, la meditazione può aiutare molte persone a vivere meglio.
La pratica della Meditazione conduce su un sentiero interiore, dove s’incontrano le emozioni in una dimensione pacificata: ascoltare le emozioni in una dimensione meditativa è una modalità favorevole perché delicata e soprattutto DISTACCATA. Il distacco è ciò che si apprende attraverso la pratica, che educa e conduce con delicatezza a vivere meglio e bene con se stessi e con gli altri, per beneficiare di una vita più armoniosa, più ricca e più utile, senza lasciare che siano le emozioni a guidare la persona, ma facendo in modo che esse divengano uno strumento utile e gestibile, per muoversi nel mondo.
L’obiettivo della Meditazione consiste nell’imparare ad essere osservatori distaccati di ciò che accade all’interno ed all’esterno di se stessi. Le tecniche, sono semplici, insegnano a portare l’attenzione nel “qui ed ora” con distacco, senza giudizio, senza lasciarsi imprigionare nei soliti schemi di pensiero conosciuti dalla mente, nelle tradizionali etichette con cui si è abituati a valutare il proprio vissuto e gli eventi. La meditazione prevede anche un allenamento di “presenza” durante lo svolgimento di abituali azioni quotidiane. Attraverso la meditazione è possibile spegnere i fuochi emotivi come la rabbia. Lo scopo di ogni essere umano è evitare di soffrire, le cose spiacevoli non scompariranno esternamente, ma si può imparare ad avere un atteggiamento positivo e ad amare la Vita in ogni sua sfaccettatura trasformando il proprio dolore cambiando la visione interna. Generando consapevolezza, si abbracciano le proprie emozioni ogni volta che si manifestano, non combattendole ma riconoscendole senza giudicarle.
“Perché si riscaldi l’ambiente non occorre che l’aria fredda se ne vada, basta che venga abbracciata dall’aria calda e che si scaldi a sua volta. Tra i due tipi di aria non c’è alcuna lotta. ” (Thich Nhat Hanh)
Dott.ssa Paola Fraschetti
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